
ll padre buono: Il contributo paterno alla relazione
Di ambiente “sufficientemente buono” ne parlava già Winnicott (1990) cioè di un ambiente che si adatta ai bisogni del bambino e ne facilita lo sviluppo.
Quindi sia il padre che la madre sono chiamati a soddisfare questi bisogni, pur se con modalità differenti.
Daniel Stern (1987) parlò di un particolare aspetto della relazione adulto-bambino: la “sintonizzazione affettiva”;
un ricalco espressivo e comportamentale dei sentimenti del bambino che permette di stabilire precocemente relazioni significative.
L’adulto deve essere capace di leggere i sentimenti del bambino nel suo comportamento manifesto, e dare risposte emotive che il bambino deve essere a sua volta in grado di leggere.
La presenza fisica del padre è molto importante sin dai primi giorni, e, nel prosieguo dello sviluppo, permetterà al figlio di sviluppare la capacità di rivedere e integrare dentro di sé l’immagine paterna.
Il bambino attraverso la figura paterna sarà facilitato, nella prima fase di vita,
nell’uscita dallo stretto ed esclusivo rapporto con la madre, ed introdotto nel mondo per fargli acquisire le regole di comportamento sociale.
ll padre buono: Il contributo paterno alla relazione
La presenza del padre dovrà ovviamente essere costante nel tempo: non è sufficiente esserci quando il figlio è molto piccolo e allontanarsi poi quando cresce.
Anzi tale presenza diventerà ancora più necessaria, proprio nel momento del superamento del legame simbiotico con la madre (da circa due anni in poi).
Il padre come guida; il padre come sostegno, il padre come punto di riferimento.
Attraverso l’attenzione, la comprensione, la valorizzazione dei suoi successi, ma anche attraverso il porre limiti e regole, egli trasmetterà forza, sicurezza, incoraggiamento,
influendo positivamente sulla sua autostima e sulla sua tranquillità nel lanciarsi alla conquista del mondo.
Per far ciò, attraverso l’amore, il padre deve avere la capacità di sentire cosa sia veramente positivo per il figlio e cosa sia invece negativo.
L’esperienza dell’amore è fortemente correlata al “senso di appartenenza” attraverso cui il bambino sarà capace di “allontanarsi dal suo guscio protettivo e andare nel mondo.
Il bambino, prima di potersi avventurare fuori, deve essere stato bene dentro” (Luciano Rispoli, 2004).
Solitamente le attività con il padre sono più giocose che di accudimento, difatti attraverso il gioco, la vitalità e l’aggressività giocosa, i padri forniscono l’esperienza di “un cambiamento di velocità di ritmo.
Essi tengono in braccio i bambini più in alto, li tengono sul collo girati verso gli altri, sottoponendoli a vigorose sollecitazioni ambientali” (Lamb, 1987; Caneva e Venuti, 1998; Lebovici, in Rosenfeld et al., 1995; Magill-Evans e Harrison, 2001).
Il solletico, la lotta, l’essere lanciati in aria o sbatacchiati sul materasso…
sono i giochi privilegiati dai papà, che stimolano le competenze motorie e sociali del bambino, a differenza delle madri che invece privilegiano modalità d’interazione più tranquille.
Questa modalità di gioco non àgita il bambino, a differenza di ciò che si crede, ma,
la presa forte del papà trasmette calma, sicurezza e sentimenti di fiducia che da grande gli serviranno nella vita, per avere fiducia negli altri, per condividere….
Anche amare e prendersi cura di se stessi sono condizioni necessarie per una buona genitorialità:
“i bambini si rispecchiano nei volti che incontrano e ciò consente loro di apprendere istintivamente l’emotività e di arricchire il loro repertorio espressivo, in relazione alla serenità e all’ espressività delle persone con le quali interagiscono e in primo luogo, dei propri genitori” (Giorgio Gualazzi, 2008).
Insomma, anche in questo caso, imparare ad amarsi è il primo passo per imparare ad amare.