
Un libro e una ricerca
In questo articolo vi parlerò di un libro e di una ricerca, basati sulla teoria dell’attaccamento, molto interessanti e da cui prendere indicazioni valide per essere guidati in maniera strategica nel difficile ruolo di genitori.
Un libro e una ricerca
Ricco di strategie pratiche per i genitori è il libro ”Attachment-Focused Parenting: Effective Strategies to Care for Children” di Daniel A. Hughes (2009) che offre una guida pratica per i genitori basata sulla teoria dell’attaccamento, con l’obiettivo di promuovere relazioni genitore-figlio sane e supportive.
Hughes sottolinea l’importanza di fornire al bambino una base sicura da cui esplorare il mondo. Questo significa essere emotivamente disponibili e presenti, ma senza interferire eccessivamente con l’autonomia del bambino.
Le madri iperprotettive tendono a limitare l’esplorazione autonoma del bambino per paura che si faccia male. Hughes suggerisce di bilanciare la protezione con la fiducia, permettendo al bambino di sperimentare piccoli rischi in un ambiente controllato.
Egli dà molta importanza alla sintonizzazione emotiva ovvero la capacità del genitore di riconoscere e rispondere in modo appropriato ai bisogni emotivi del bambino. Questo aiuta il bambino a sentirsi compreso e supportato.
Le madri iperprotettive possono sovraccaricare il bambino con le proprie emozioni, proiettando ansie e paure. Hughes consiglia di focalizzarsi sui bisogni reali del bambino, evitando di interpretare ogni situazione come una potenziale minaccia.
Hughes insegna ai genitori come aiutare i bambini a regolare le proprie emozioni, fornendo un modello di calma e stabilità. Questo include la gestione dello stress e la capacità di rimanere presenti durante momenti di difficoltà.
Hughes suggerisce di lavorare sulla propria regolazione emotiva, praticando tecniche di rilassamento e mindfulness, per evitare di trasferire le proprie paure al figlio.
La comunicazione empatica , altro aspetto chiave, implica ascoltare attivamente il bambino, validare le sue emozioni e rispondere in modo comprensivo. Questo rafforza il legame di attaccamento e promuove la fiducia.
Le madri iperprotettive possono essere troppo focalizzate sui propri timori, trascurando i reali bisogni emotivi del bambino. Hughes incoraggia a praticare l’ascolto attivo, ponendo domande aperte e mostrando interesse per le esperienze del bambino.
L’autore sottolinea l’importanza di promuovere l’autonomia del bambino, permettendogli di prendere decisioni appropriate alla sua età e di imparare dai propri errori.
L’ipercura spesso limita l’autonomia del bambino, rendendolo dipendente dalla madre. Hughes suggerisce di incoraggiare il bambino a fare scelte indipendenti, sostenendolo senza sostituirsi a lui.
Hughes fornisce strategie per gestire le separazioni in modo sano, aiutando il bambino a sentirsi sicuro anche in assenza del genitore.
Le mamme per prime possono avere difficoltà a separarsi dal bambino, alimentando ansia da separazione. Hughes consiglia di creare rituali di addio rassicuranti e di trasmettere fiducia nella capacità del bambino di gestire la separazione.
Hughes introduce il concetto di riparazione delle rotture relazionali, ovvero la capacità di riconoscere e correggere gli errori nella relazione genitore-figlio. Questo rafforza la fiducia e la resilienza del bambino.
Le madri possono sentirsi in colpa per ogni piccolo errore, alimentando un ciclo di ansia e controllo. Hughes suggerisce di accettare che gli errori siano inevitabili e di usarli come opportunità per insegnare al bambino come gestire le difficoltà.
Hughes incoraggia i genitori a favorire il gioco e l’esplorazione, attività fondamentali per lo sviluppo cognitivo ed emotivo del bambino.
Le madri iperprotettive possono limitare il gioco libero per paura di incidenti. Hughes consiglia di creare un ambiente sicuro in cui il bambino possa esplorare liberamente, sotto una supervisione discreta.
L’autore insegna ai genitori come modellare la resilienza, mostrando al bambino come affrontare le sfide e superare le difficoltà.
Le madri iperprotettive possono trasmettere un senso di vulnerabilità. Hughes suggerisce di mostrare al bambino come gestire lo stress e le delusioni in modo costruttivo.
Infine, ma non per importanza, Hughes sottolinea l’importanza di lavorare su sé stessi come genitori, affrontando eventuali traumi o insicurezze personali che potrebbero influenzare il rapporto con il figlio.
I genitori spesso portano ferite emotive non risolte. Hughes incoraggia a cercare supporto psicologico per elaborare queste esperienze e migliorare la relazione con il bambino.
Le strategie proposte da Hughes nel suo libro sono particolarmente utili per le madri ansiose e iperprotettive, ma anche per qualsiasi genitore, poiché aiutano a bilanciare la protezione con la promozione dell’autonomia e della resilienza del bambino.
L’obiettivo è creare un ambiente emotivamente sicuro, in cui il bambino si senta amato e supportato, ma anche libero di esplorare e crescere in modo indipendente.
Attraverso la sintonizzazione emotiva, la comunicazione empatica e la regolazione delle proprie ansie, i genitori possono superare le dinamiche disfunzionali dell’ipercura e costruire relazioni più sane ed equilibrate con i propri figli.
Un libro e una ricerca
La ricerca di cui vi parlerò è il lavoro di Main e Hesse (1990), intitolato “Parents’ unresolved traumatic experiences are related to infant disorganized attachment status: Is frightened and/or frightening parental behavior the linking mechanism?”
Si tratta di uno studio pionieristico che esplora il legame tra i traumi irrisolti dei genitori e lo sviluppo di un attaccamento disorganizzato nei bambini.
Main e Hesse partono dalla teoria dell’attaccamento di John Bowlby, secondo cui la qualità del legame tra genitore e bambino è cruciale per lo sviluppo emotivo e sociale del bambino.
Tuttavia, introducono un nuovo concetto: l’attaccamento disorganizzato, che si verifica quando il bambino sperimenta il genitore come una fonte simultanea di conforto e paura.
Questo tipo di attaccamento è spesso associato a esiti negativi nello sviluppo, come difficoltà emotive, comportamentali e relazionali.
L’ipotesi centrale della ricerca è che i traumi irrisolti dei genitori (ad esempio, lutti non elaborati, abusi o esperienze di abbandono) possano portare a comportamenti genitoriali spaventati o spaventanti (“frightened or frightening”), che a loro volta causano un attaccamento disorganizzato nel bambino.
I genitori con traumi irrisolti possono:
– Mostrare espressioni facciali o comportamenti imprevedibili che confondono il bambino.
– Reagire in modo inappropriato alle esigenze del bambino, alternando iperprotezione e distacco emotivo.
– Trasmettere ansia e paura, creando un ambiente emotivamente instabile.
Esempi di Comportamenti Spaventati/Spaventanti
Comportamenti Spaventati: Un genitore che mostra ansia eccessiva quando il bambino esplora l’ambiente, trasmettendo un senso di pericolo costante.
Comportamenti Spaventanti: Un genitore che alterna momenti di iperprotezione a momenti di distacco emotivo, creando confusione nel bambino.
I risultati dello studio confermano che:
– I genitori con traumi irrisolti hanno maggiori probabilità di mostrare comportamenti spaventati o spaventanti.
– Questi comportamenti sono fortemente associati a un attaccamento disorganizzato nei bambini.
– I bambini con attaccamento disorganizzato mostrano difficoltà nella regolazione emotiva, comportamenti contraddittori (es., avvicinarsi e poi allontanarsi dal genitore) e una maggiore vulnerabilità a disturbi psicologici.
La ricerca di Main e Hesse ha implicazioni significative per comprendere l’ipercura materna:
Le madri con traumi irrisolti possono sviluppare comportamenti iperprotettivi come tentativo di compensare le proprie insicurezze e paure. Tuttavia, questa ipercura è spesso accompagnata da ansia e imprevedibilità, creando un ambiente emotivamente instabile per il bambino.
L’ipercura, quando associata a comportamenti spaventati o spaventanti, può portare a un attaccamento disorganizzato. Il bambino si trova in un conflitto tra il bisogno di vicinanza e la paura del genitore, con conseguenze negative per lo sviluppo emotivo.
Le madri che hanno sperimentato attaccamenti disorganizzati durante l’infanzia possono replicare inconsciamente gli stessi schemi con i propri figli, perpetuando un ciclo di disfunzione.
Main e Hesse concludono che i traumi irrisolti dei genitori sono un fattore chiave nello sviluppo dell’attaccamento disorganizzato, mediato da comportamenti genitoriali spaventati o spaventanti.
Questo studio sottolinea l’importanza di elaborare i traumi passati per interrompere il ciclo della disfunzione intergenerazionale, di promuovere comportamenti genitoriali coerenti e prevedibili per favorire un attaccamento sicuro nel bambino, e di fornire interventi terapeutici mirati per aiutare i genitori a superare i propri traumi e migliorare la qualità delle relazioni con i figli.
Mi auguro che il libro e la ricerca suggeriti vi abbiano dato un aiuto e fatto riflettere, se lo desiderate, lasciate pure un commento sotto l’articolo!