La figura dello psicologo: Decidere di chiedere aiuto
L’importanza di una figura d’appoggio.
In questo ultimo anno e mezzo, la figura dello psicologo, sta emergendo sempre più, ci ritroviamo a leggere molti articoli pubblicati sull’argomento, molte testimonianze di persone che ad essi si sono rivolti.
Sui social spopolano teorie e video-consulti gratuiti e non, perché il momento storico è talmente grigio, da indurre chi è particolarmente fragile, a dover ricorrere all’aiuto di un professionista.
Finalmente ci si può sentire quasi liberi di togliersi la maschera ed ammettere che si ha bisogno dell’aiuto.. quell’aiuto che fino a qualche tempo fa, si nascondeva per vergogna, preconcetto e soprattutto cattiva informazione.
Chi va dallo psicologo è “PAZZO”
Innanzitutto sfatiamo questo mito, chi va dallo psicologo, è una persona profondamente attenta ai propri limiti, ne ha preso atto, ed ha deciso di prendersi cura di se stesso, per cui è ragionevolmente cosciente, razionale, e consapevole, indi assolutamente non pazzo!
Le diverse figure cliniche
La figura dello psicologo: Decidere di chiedere aiuto
Bisogna innanzitutto fare una distinzione della professione che ancora non è particolarmente chiara, alla maggior parte della gente.
Lo psicologo, attraverso un colloquio psicologico, talvolta somministrando dei test psicologici con una funzione diagnostica ed orientativa, può migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri, e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace (art.3).
Le consulenze psicologiche quindi, sono utili quando un individuo vive un determinato momento di difficoltà dovuta perlopiù ad una criticità emotiva circoscritta ad un evento o ad un periodo in particolare.
I diversi percorsi clinici
Il percorso è di supporto e la figura dello psicologo mira al raggiungimento di uno stato di benessere del paziente.
Quando invece attraverso il colloquio clinico si evince che il paziente ha un disturbo psicopatologico, che altera profondamente la qualità della sua vita, la figura dello psicologo, lascia il posto a quella dello psicoterapeuta.
Lo psicoterapeuta, ha una formazione più completa, avendo fatto una specializzazione di altri 4 anni, con un orientamento specifico. Egli è quindi in grado di gestire una persona che vive una sofferenza radicata, e profonda, che affonda talvolta radici in un passato che ad un certo punto della propria esistenza riaffiora in maniera dolorosa, portando a galla malesseri psico-emotivi, che compromettono fortemente la qualità della vita.
Entrare in terapia vuol dire intraprendere un percorso di cura, attraverso un colloquio diagnostico.
Tale percorso può avere una durata più o meno lunga, talvolta dipende anche dall’approccio terapeutico dello psicoterapeuta , che ricordiamo può avere una laurea o in psicologia o anche in medicina.
Lo psicoterapeuta, non può prescrivere farmaci, a meno che non sia psichiatra, ovvero un medico che ha fatto una specializzazione in psichiatria ed è pertanto anche psicoterapeuta, e che quindi lavora oltre che sulla psiche anche sul fisiologico.
Andiamo ad analizzare il perché ultimamente è sempre più frequente la domanda di un supporto psicologico, ma per farlo bisogna fare una netta distinzione.
La difficoltà di vivere questo momento
L’anomalia alla quale siamo costretti a vivere da più di 1 anno, ormai, ci ha costretti a limitare la nostra vita sociale al minimo, e sappiamo bene quanto potere positivo abbia uno scambio verbale, tra amici. La condivisione di momenti di gioia, di spazi condivisi, di tocchi e contatti, così come soprattutto appoggiarsi in momenti di difficoltà che tutti prima o poi vivono, è fondamentale.
L’essere umano è un animale sociale, togliergli la socialità e come togliere le ali ad un uccello.
Più il tempo passa, più il senso di isolamento si fa sentire, il non poter condividere uno spazio, un momento, il non potersi confrontare, il non potersi appoggiare a nessuno, ci ha resi profondamente fragili.
La figura dello psicologo: decidere di chiedere aiuto
Le diverse possibilità
C’è chi ha una corazza più forte e riesce comunque ad affrontare questa anormalità, cercando e costruendo una realtà parallela, approfittando di tempi morti per consolidare delle passioni, degli hobby, per potare a termine un progetto.
C’è invece chi, avendo troppo rimuginato, ha vagato nella propria mente, facendo un’introspezione che lo ha portato a tirare fuori latenti paure, disagi, accumulando stress, e molto spesso arrivando a vivere un vero e proprio malessere, che è sfociato in depressione.
Non a caso una recente statistica ha fatto emergere che tra i giovani è fortemente in aumento la depressione, e ahimè l’uso di psicofarmaci. Questo fenomeno, genera problemi che poi difficilmente si lasceranno alle spalle quando tutto questo sarà finito.
Non permettiamo al nostro essere di fare lo “struzzo”.
Ammettiamo la nostra fragilità!
Ascoltiamo i campanelli d’allarme che la nostra mente attraverso il nostro corpo ci sta inviando. Non vergogniamoci più di dire sto male. Non siamo pazzi, siamo come calici di cristallo che stanno andando in frantumi. Stiamo vivendo un momento che è troppo grande rispetto a tutti i pesi di cui fin’ora ci siamo fatti carico.
Troviamo rimedio
E’ lecito non farcela.
E’ doveroso verso noi stessi ammetterlo, e amore per noi e per chi amiamo, affidarci ad un professionista che per un po’ di tempo, diventerà il nostro porto sicuro.
Se ti riconosci in questo articolo, Contattami